20 Ottobre 2021
Il tempo è relativo e insidioso. Passa senza fare rumore e tu non te ne rendi conto.
La cosa bella è che quando passa non passa, e quando passa è passato.
Partiamo dal principio.
Intanto il tempo passa e tu ci puoi far poco. Quindi: o ti disperi o impari.
Il bello è che c’è sempre da imparare, quando ti disperi non hai modo di imparare perché sei concentrato sulla disperazione.
Se si traccia un punto da dove si è partiti a dove si è arrivati oggi, si può notare che tutto è in funzione di una formazione.
E solo la persona che non ne vede nulla di buono trova in ogni anno un motivo per dire che è andato tutto male. Ma eppure è andato.
Ora siamo a un bivio.
Il tempo sta passando e ogni giorno siamo più vicini alla nostra morte, e qui siamo già a un paradosso; perché se da una parte prendiamo la vita come qualcosa di statico che “tanto non passa” o che comunque se passa, lo deve fare ma nel meno doloroso possibile, arriveremo comunque a un giorno che finisce.
Ora se finisce non è meglio ricordarsene e magari sorridere un po’ di più?
C’è un modo di vivere che non sia sempre il canonico della società “ah, devi lavorare da dipendente perché questa è la vita. E se poi non lavori chi ti paga?”.
Ma dove ci siamo costruiti questi muri attorno a noi? Quando abbiamo iniziato ad illuderci, o chi ha iniziato a illuderci?
Siamo sempre impegnati, non abbiamo neppure tempo per un dialogo o per mangiare sereni. Eppure a parte 1300 euro al mese non abbiamo nulla.
Eppure è la vita stessa che ci paga, non un datore di lavoro. Il datore di lavoro vive secondo le stesse leggi della natura su cui siamo soggetti pure noi.
Eppure ci comanda o ci sentiamo comandati.
Perché tutto questo?
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