Sabato un collega è morto… Così. Dal nulla.
Lo avevo visto prima di andare in ferie. Un bravo lavoratore e una brava persona. Sabato mattina invece di andare al lavoro ha incontrato la morte.
Dove ero io?

Ho ricevuto la notizia via e-mail. E dopo qualche convenevoli, finte tristezze, e raccolte di fondi da donare giusto per sentirsi in pace con la coscienza, la vita al lavoro è andata avanti come sempre. Si ride e si scherza e ormai, oggi, nessuno più si ricorda di lui.
Che luce ha lasciato nella vita? Quale senso ha avuto la sua esistenza se le persone con cui ha lavorato per anni più di un “ops” non sanno dire?
Che senso ha la vita stessa se davanti alla morte non si decide di chiudere l’azienda?
Questa persona ha vissuto, lavorato, mangiato e lavorato, e cosa ne ha guadagnato? Che l’ultimo stipendio guadagnato è rimasto qui sulla terra.
Quanti giorni di lavoro ha usato nella sua vita? E quanti ne avrebbe usati per godersi veramente la vita sapendo che il 13 luglio 2019 sarebbe morto? Avrebbe dato importanza al lavoro? Avrebbe lavorato così onestamente e assiduamente sapendo che a una giovane età si sarebbe spento?
Che senso si da alla vita ricordandoci ogni giorno che non siamo immortali?
Che frase patetica; “se tu domani morissi, cosa faresti oggi?” Si legge spesso sui social, ma giusto per ridere. Nessuno la prende mai sul serio.
Che senso si da alla vita se non ci si sofferma a osservare un albero, a dare più importanza alle persone amate? A fuggire un consiglio sensato? A vivere per coltivare un sogno e vederlo realizzato? Che senso ha usare 8 o 10 ore al giorno per far felice il proprio titolare o un cliente che vuole mangiare una bistecca? Ha davvero importanza dare la vita intera a questo eliminando la soddisfazione di se, la gioia nelle relazioni, l’amore di una persona, la gioia di guardare un fiore di giorno e le stelle di notte? Ascoltare un anziano che parla della sua vita, e giocare con un bambino?
A chi è dedicata la vita?
Alla fine si muore.
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